
Un’opera che prova a far luce sull’omicidio del grande intellettuale del ventesimo secolo, “Pasolini massacro di un poeta” scritto da Simona Zecchi.
<<Ho capito che la morte di Pasolini può essere una chiave di volta per capire il perché si è voluto arrestare un certo cammino che lui aveva iniziato a livello culturale>>. È questo il motivo che ha spinto Simona Zecchi, giornalista di cronaca, a scrivere un libro su uno degli intellettuali più controversi del ventesimo secolo.
Il libro dal titolo “Pasolini Massacro di un poeta”, edito da ‘Ponte alle grazie’, è la prima opera letteraria di Simona Zecchi che si è occupata in passato di cronaca giudiziaria e attualità sul quotidiano statunitense ‘La voce di New York’ e ha collaborato con il ‘Manifesto’. Attualmente scrive per il giornale nazionale ‘Il Sole 24 ore’ e sulla versione online del ‘Fatto Quotidiano’.
Un libro intenso, che si basa su ricerche,scoperte, fotografie, documenti, interviste esclusive e che vuole raccontare una verità, quella che a volta manca o che fa fatica a venire fuori.
L’inchiesta di Simona Zecchi parte dalla notte del 2 novembre 1975 in cui è avvenuto il “massacro tribale” di Pier Paolo Pasolini. Lo “schema perfetto” che condusse il poeta fra le braccia dei suoi uccisori è ancora nelle mani degli inquirenti e dell’opera pubblica. Troppe maschere a cui non è stato dato volto, troppe persone a cui non è stata data voce, troppe ma veramente troppe le parole che sono state dette per nascondere la verità, quella che la Zecchi ha cercato e continua a ricostruire.
Sabato 29 ottobre è stata ospite al Liceo scientifico “Enrico Fermi” di Cosenza, attraverso la manifestazione nazionale “Libriamoci” per discutere, con alcuni studenti della scuola, del suo “Pasolini massacro di un poeta”.
Durante l’incontro l’abbiamo intervistata.
Cosa l’ha spinto a scrivere un libro su uno degli intellettuali più complessi del ventesimo secolo?
Ho capito che la morte di Pasolini, può essere una chiave di volta per capire il perché si è voluto arrestare un certo cammino che lui aveva iniziato a livello culturale così come è stato fatto con Aldo moro a livello politico. Io scrivo per cronaca giudiziaria, sono una giornalista d’inchiesta e ho capito che Pasolini, poteva spiegarmi molte più cose rispetto a quanto potessi capire soltanto leggendo il presente.
Secondo lei, In quale modo si poteva evitare questo massacro?
Le persone a lui più vicine, quelle che lui cercava di salvare, di aiutare come i ragazzi di vita di cui lui parlava nel ’55 sono stati complici, anche post mortem di questo massacro perché Il massacro, non è solo quello del fatto ma è anche quello che ha succeduto. Il massacro delle prove e il massacro del messaggio. Poteva essere evitato se quello stravolgimento antropologico non era in atto quindi, la risposta è No. Probabilmente lui poteva essere più accorto ma lo hanno tradito. Ricordiamo che Pasolini è stato pestato due volte a sangue e in conclusione una macchina è passata sul sul corpo in maniera del tutto violenta. Per quanto riguarda gli indizi, hanno trovato solo alcune tavolette di legno su cui hanno costruito tutto.
Perché tutto questo accanimento, allora, contro Pasolini?
Perché lui era scomodo a tutti e tutti hanno preferito dimenticare quello che gli era stato fatto. Era scomodo per la destra, per la sinistra. Era scomodo per la cultura, per la politica italiana e per gli scandali che erano scoppiati in quel momento.
Quindi lui può essere un punto di riferimento per quello che sta succedendo adesso in Italia. Giusto?
Assolutamente si
Può delinearmi la figura di Pasolini?
Lui era un poeta, un poeta che stava fuori dal palazzo, fuori dal potere. Lui era fuori dalla scena e quindi era contro il potere. Non rientrava nello schema di un Vate che decanta le odi, che fa bella scena. Lui sta fuori la scena. Inoltre ricordiamo che era omosessuale, anche se in quel tempo molti erano usciti allo scoperto un poeta omosessuale faceva sempre scalpore.
Quindi, in conclusione, lui stava fuori dal palazzo ma era dentro le istituzioni. Massacrare un poeta e non riuscire a fare giustizia, significa massacrarlo due volte.
Può farmi i nomi di chi è stato ritenuto colpevole?
È stato ritenuto colpevole in tre gradi di giudizio inclusa la cassazione un ex ragazzo di vita, Giuseppe Pelosi che è entrato in un tunnel da cui non è più uscito. Solo per questo omicidio, si è fatto nove anni e sette mesi di galera. Adesso ha 58 anni ed è rimasto nella criminalità, entra ed esce dal carcere quindi non è più uscito da quella vita.
Lui non ha mai confessato nulla sulla vicenda?
Lui ha cominciato a parlare nel 2005 nel dire alcune verità del tipo “mi hanno strumentalizzato, non ero solo io” però, il problema è che lui, dice verità e bugia insieme, quindi non è credibile di per se’.
Sono stati fatti altri nomi?
Sono sempre entrati è usciti da questa storia, che dura da quarant’anni, diversi nomi ma non sono mai stati provati e certificati come concorrenti di questo massacro. Della mia ricostruzione e dalla mia indagine d’inchiesta si è emersa la presenza di molte persone , almeno 13. Quindi é un massacro tribale per il numero di persone e il modo in cui è stato ucciso.
Si arriverà mai alla verità? Quella vera però
Se parliamo di verità giudiziaria, non credo.
Se la procura di Roma volesse riprendere un filone d’indagine forse si ma è molto difficile perché ad oggi non si riesce ad aprire una commissione d’inchiesta. Però si può avere una verità storica è una verità giudiziaria ed entrambe possono farci un quadro della verità dei fatti.
Alla fine del libro vi è una frase molto importante, la quale rappresenta il cuore di tutta la vicenda:
“Il caso Pasolini in fondo, è tutto racchiuso qui, fra un omicidio politico e una strategia del linciaggio e delle mistificazioni, il tentativo cioè di consegnare all’oblio un messaggio tanto forte da sopravvivere ad un messaggio tribale.”
Articolo di Alessandra Caruso