Il giudice in sede di decisione sulla richiesta di revisione in aumento dell’assegno di divorzio deve verificare un oggettivo mutamento delle condizioni poste alla base dell’originario provvedimento, comparando tutti gli elementi positivi e negativi ricorrenti nella singola fattispecie. Questo è quanto emerge dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 3246 del 9 febbraio 2018.
La vicenda nasce dalla richiesta di revisione in melius dell’assegno divorzile avanzata da una donna nei confronti dell’ex coniuge, in ragione del mutamento delle proprie condizioni rispetto a quando le era stato concesso detto assegno. La Corte di Appello di Palermo aveva accolto la domanda disponendo un aumento della misura dell’assegno da 600,00 ad 800,00 euro. La Cassazione ha poi ulteriormente aumentato l’assegno ad euro 1.300,00 ritenendo maggiormente rilevanti gli elementi negativi, portati in evidenza in corso di giudizio – ovvero la “non più giovane età” (oltre cinquant’anni) della ex moglie e l’”incremento” della famiglia di quest’ultima – rispetto alla potenziale capacità della stessa di percepire futuri redditi.
E’ evidente che nel caso di specie gli “ermellini”, partendo dal principio di solidarietà post-coniugale su cui si fonda l’assegno divorzile, hanno ritenuto valida la domanda di revisione in aumento del predetto assegno in considerazione del peggioramento delle condizioni di vita del coniuge beneficiario.
Tale diritto, legato alla natura assistenziale dell’assegno di divorzio, nascerebbe infatti dal semplice fatto di essere stati sposati; perciò, se è pur vero che i doveri matrimoniali cessano con lo scioglimento del matrimonio, è altresì vero che permane, anche dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il dovere giuridico degli ex coniugi di prestarsi reciproca assistenza.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che secondo un recente orientamento espresso proprio dalla Corte di Cassazione, il diritto all’assegno divorzile è ora legato al criterio della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendosi non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio. Pertanto, anche alla luce di tale ulteriore approdo giurisprudenziale, il giudice dovrà accertare, caso per caso, l’esistenza del diritto a percepire l’assegno di divorzio, verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente e l’impossibilità del medesimo coniuge di procurarsi “mezzi adeguati”.