L’eleganza, l’amore per l’arte e la passione per la scrittura sono le particolarità di Letizia Triches. Docente, storico dell’arte e scrittrice di racconti di gialli, è in giro per l’Italia proprio per presentare il suo ultimo lavoro letterario “I delitti della Laguna” edito da ‘Newton Compton Editori’.
Un libro particolarmente intrigante in cui la scrittrice ha voluto miscelare il mondo dell’arte con quello del giallo, che di per sé è un genere particolare con proprie caratteristiche.
Da questo miscelamento è venuta fuori una trama molto coinvolgente.
Nel libro il protagonista Giuliano Neri, restauratore fiorentino, arriva a Venezia per lavorare sui dipinti della collezione di Alvise Volpato, un noto psichiatra con la passione per la pittura. Questo è il motivo ufficiale. Quello reale, invece, è l’indagine condotta da Chantal Chiusano: alle orecchie del commissario è giunta l’eco della fama di Neri nel risolvere casi complicati. E quello che ha tra le mani è senza dubbio un rompicapo: Otis Moore, un magnetico bluesman afroamericano, soprannominato “il Moro di Cannaregio”, si era trasferito in città di ritorno dal Vietnam ma, soggiogato dalla laguna, non era mai riuscito a ripartire. E ora è morto. Scavando nella vita di Otis, il commissario è spinto ben presto a indagare sulla criminalità legata al mondo dell’arte. Forse il musicista non era estraneo a certi affari illeciti. Così come non lo erano le famiglie dei Favero, dei Volpato e dei Luni, tutte legate in qualche modo alla band di Moore. Proprio quando Chantal e Giuliano pensano di aver trovato una via per risolvere il caso, ecco che le acque restituiscono il corpo seminudo e straziato di una donna…
Una trama dunque fatta di molteplici intrecci in cui si districano temi, personaggi e avvenimenti diversi. Una trama che, per i tanti colpi di scena e la suspense continua, colpirà sicuramente il lettore.
L’autrice nei giorni scorsi è stata a Cosenza e ha presentato il suo libro presso libreria Mondadori.
Prima della presentazione l’abbiamo intervistata.
Come mai Giuliano Neri ha deciso di andare a Venezia per occuparsi di questa indagine?
Va a Venezia perché in realtà è un restauratore, questa è una professione che ti obbliga a spostarti perché tu insegui le commissioni del lavoro. Questo è anche un pretesto perché ormai Giuliano Neri, da quasi tre anni, è diventato un collaboratore delle forse dell’ordine, cioè, si è sparsa la voce, grazi ad un suo carissimo amico che è un giudice, ha intuito per primo che Giuliano, ha delle capacità percettive di notare i dettagli, le sfumature tali utili non sono per le opere d’arti ma anche per le scene del crimine. Ha la capacità non solo di entrare nelle menti degli altri quindi cercare di ricostruire i processi mentali ma anche di essere facilitato a capire quella che può essere stata la psicologia dell’assassino e quindi i moventi e le modalità per cui quel crimine si è perpetrato.
Quindi Giuliano, non mette in atto la “regola del restauratore” cioè che per ristrutturare un’opera bisogna andare indietro nel tempo?
Lui ha un rapporto molto forte con il passato. Nel libro appunto c’è una frase in cui c’è scritto: “Lui è abituato a trafficare con il passato” perché le opere in cui interviene sono antiche. Questo lo porta, anche in maniera metaforica, ad avere a che fare con la morte perché se intervenisse in alcune opere, queste andrebbero destinate e a morire. Quindi il suo compito è quello di riportarle a nuova vita e, per fare questo, non serve solo una grande capacità tecnica ma anche una bella anima e una forte sensibilità perché altrimenti si fallisce. Tu Ricostruisci un qualche cosa che tradisce lo spirito dell’artista che l’aveva eseguito quindi è questo che lui è abitualmente abituato a fare.
Questo, “I Delitti della laguna” è già il terzo libro in cui compare come protagonista lo stesso personaggio, come mai?
Sì, nel primo libro di questa serie avviene un evento scatenate che lo metterà sulla strada del delitto. Lui è continuamente attraversato da dubbi e da incertezze su questa svolta che ha preso la sua vita tanto che lo ha portato non solo ad aggiungere alla sua attività di restauratore quella di detective ma anche a cambiare radicalmente la sua vita personale per cui quelle poche certezze che aveva, svaniscono.
Quindi, oramai, si è affezionata a questo personaggio!
Molto pensa che è stato proprio l’editore ad innamorarsi di questo personaggio e quindi a chiedermi di non lasciarlo. Io all’inizio pensavo di non essere tagliata perché ho bisogno ogni volta di rinnovare il cast dei personaggi, l’ambientazione però per me Giuliano Neri è diventato un personaggio ideale.
Quindi non è difficile portare avanti la storia di un personaggio! O sbaglio?
Lui è un personaggio fantastico perché, siccome si sposta, ogni storia e ogni giallo ha un’ambientazione diversa quindi io prendo due piccioni con una fava cioè, ogni volta cambio città, cambio personaggi e l’atmosfera di ogni libro cambia.
Però bisogna avere una grande mente. Giusto?
Io sono uno storico dell’arte e quindi una persona deve parlare delle cose che conosce molto bene. Io sto nel mondo dell’arte da quando sono nata quindi è un mondo che sconosco molto bene e non sono un’artista ma ho osservato molto attentamente da dietro le quinte.
Ma ha avuto avuto un padre putativo che l’ha fatta appassionare all’arte?
Mio padre è stato uno dei fondatori del ministero dei beni culturali, è stato uno dei primi direttori generali. Io fin da bambina ho vissuto in questo contesto. Ho studiato di conseguenza, mi sono laureata in lettere e storia dell’arte, ho fatto il perfezionamento, ho vinto delle borse di studio. Negli anni ’80 sono stata anche un critico militante quindi mi sono occupata di arte contemporanea però un aspetto per me è sempre stato importantissimo è l’interesse nei confronti degli artisti cioè l’opera d’arte per me, è quasi uno strumento per entrare nell’anima di chi l’ha compiuta, è come se fosse un essere organico vivente.
Qual è il suo artista preferito?
Ce ne sono tanti
Magari mi può dire uno del passato, uno del mezzo e un altro del presente?
Allora del passato Diego Velàzquez.
Dell’800 Goya, Monet e Boccioni.
Del presente Boetti.
Io sono una viaggiatrice nell’arte per cui, pur essendomi specializzata ad un’università del manierismo quindi nella seconda metà del 500, in realtà poi la vita mi ha portato a frequentare momenti storici diversi. A questo punto, anche grazie all’insegnamento, non ho fatto altro che viaggiare per cui il tempo per me è diventata una cosa relativa e mi piace saltare da una situazione all’altra. Potrei dire che Klimt è un artista bizzantino , io tra le opere di Klimt e i mosaici Ravennati non trovo nessun tipo di differenza.
Come mai ha voluto unire il giallo alla storia dell’arte?
Perché il giallo è sempre stata una mia passione nel senso che a me piacciono molto gli enigmi e il mistero da risolvere. Nei miei giallo non troverai mai una netta distinzione tra i cattivi e i buoni. Non mi interessa il mondo della criminalità. I miei non sono polizieschi. Io entro nelle dinamiche familiari. In quei piccoli contesti, molto ristretti che, apparentemente sembrano normali ma che dietro a questa apparenza si nasconde quella scheggia impazzita che portare una persona apparentemente normale a diventare un feroce assassino. I miei sono dei romanzi psicologici. La struttura è quella del giallo ma, la caratterizzazione dei personaggi e l’introspezione che io faccio, è ben diversa da quella del classico giallo. Siccome io voglio Giocare con il lettore, mi piace sfidarlo. Il lettore diventa un investigatore, deve giocare insieme a me.
Lei come ha fatto ad arrivare a questo?
Perché c’è sempre nella vita di una persona un qualche cosa di autobiografico che funge da motore. In genere questo è quasi sempre il dolore che è un’esperienza che ti distrugge o serve da molla per un’evoluzione. È un qualcosa da cui noi vogliamo difenderci.
Io non potrei mai scrivere qualcosa di autobiografico ma nei miei personaggi c’è sempre qualcosa di mio, del mio essere.
Articolo di Alessandra Caruso