

C’è un quartiere, in alto sul mare di Reggio Calabria, la terrazza sullo Stretto, dove il vento porta voci di gioco, risate e promesse, è Arghillà, che per due giorni si è trasformato in un piccolo laboratorio di speranza.Il supporto logistico è stato offerto dalle Suore della Casa di Spiritualità/Ospitalità Religiosa “Santa Maria Porto di Pace” – Arghillà di Reggio Calabria in cui i volontari del Settore Protezione Civile dell’AGESCI dopo una due giorni di formazione condotta magistralmente dai formatori: Ivo, Valeria, Antonello, Peppe, Daniela, Riccardo, Laura, Ilenia, Erika, Luciano, Daniele, Antonello, Don Rosario, il dottore Enzo Romeo e il funzionario del Dipartimento di Protezione Civile dott. Francesco Gervasi che con le loro professionalità e la loro disponibilità nel trasferire nozioni, norme, ed emozioni hanno inciso su quanto è importante formarsi per servire, giocare per imparare, esserci per gli altri.Chi indossa la camicia azzurra dell’AGESCI sa che “servire” non è una parola vuota, è una scelta, è la promessa di tendere la mano, anche quando il mondo trema. Uomini e donne uniti da una promessa e che sul petto portano il giglio dell’Agesci e al collo il fazzolettone arancione fluo, si sono incontrati ad Arghillà per un momento di formazione — ma presto la teoria è diventata esperienza, la competenza si è fatta gesto, e la conoscenza si è trasformata in gioco condiviso con i bambini del quartiere.
In comunione con l’Associazione Centro Sportivo Italiano di Reggio Calabria, tra corde, palloni, coni, penarelli e sorrisi, hanno insegnato come proteggersi, come aiutare, come restare uniti nelle difficoltà. Ma soprattutto, hanno insegnato la cosa più importante: che nessuno si salva da solo.La formazione, per lo scout, non è mai solo imparare qualcosa di nuovo è un tempo di relazione, uno spazio che accoglie, dove ciascuno porta il proprio talento, la propria storia, la propria luce.Ad Arghillà, quel cerchio di adulti e bambini è diventato una piccola comunità, in ogni sguardo si leggeva la stessa voglia di fare del bene, di sentirsi parte di qualcosa di più grande. E in fondo, non è forse questo che la Protezione Civile, il proteggere l’altro insegna? stare accanto, guardare l’altro, a non girarsi mai dall’altra parte. Essere volontari della Protezione Civile Agesci non significa soltanto essere pronti all’emergenza, significa vivere ogni giorno come custodi del bene comune.
Ci sono diritti — quello alla formazione, alla sicurezza, alla fraternità — ma ci sono anche doveri che nascono dal cuore: esserci con gioia, agire con responsabilità, servire con umiltà. Nel caos di un’emergenza, il volontario non è un eroe solitario: è un fratello, una sorella, una mano che rassicura, un sorriso che infonde calma. È la dimostrazione concreta che la competenza, quando si unisce alla fede nel servizio, diventa un atto d’amore per la comunità. A fine giornata, il sole cala piano dietro le colline, e i bambini stringono nelle mani un cartoncino con il loro nome, simbolo del gioco appena vissuto. I volontari, stanchi ma pieni di gratitudine, sanno di aver ricevuto più di quanto avessero dato. Perché ogni volta che lo scoutismo incontra la vita vera, accade un piccolo miracolo: la competenza diventa servizio, il servizio diventa comunità, e la comunità diventa speranza.
Ad Arghillà, la Protezione Civile Agesci non ha solo fatto formazione, ha costruito futuro. E in ogni cuore — adulto o bambino — è rimasta la certezza che servire è il modo più bello di amare.
L. C.
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