Con la recentissima sentenza n. 1828 dell’11/07/2018, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, hanno risolto un annoso contrasto giurisprudenziale, stabilendo che all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione non solo assistenziale ma anche compensativa e perequativa.
Secondo i giudici della Suprema Corte infatti, ai fini del riconoscimento dell’assegno, si deve adottare un criterio composito valutando comparativamente le rispettive condizioni economico-patrimoniali e dando rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto. Tale contributo alla conduzione della vita familiare costituisce infatti il frutto di decisioni comuni, assunte da entrambi i coniugi in maniera libera e responsabile, che incidono in maniera permanente sulla situazione economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale. Per tale motivo, si rende necessaria una valutazione complessiva di tutti gli elementi non strettamente riconducibili al profilo assistenziale.
Alla luce del nuovo e dirimente orientamento, viene dunque superato e rimodulato il criterio dell’autosufficienza economica sancito dalla recente sentenza n. 11504/2017, in quanto foriero di gravi ingiustizie sostanziali, soprattutto nei matrimoni di lunga durata e vengono espressamente richiamati i principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.