Con il c.d. Decreto Salvini (D.L. 113/201 convertito con mod. dalla L. 132/2018), è stato nuovamente introdotto il reato di “accattonaggio” (art. 669 bis c.p.), prevedendosi una pena da tre a sei mesi di arresto e l’ammenda da 3.000 a 6.000 euro.
Trattasi di un reato originariamente introdotto dal Codice Rocco del 1930, in un’epoca in cui la questione della tranquillità pubblica assumeva particolare rilevanza nel peculiare contesto storico. Era previsto l’arresto fino a tre mesi a chi mendicasse in luogo pubblico o aperto al pubblico, da uno a sei mesi di arresto se il fatto era commesso in modo vessatorio, simulando deformità o malattie o con altri mezzi fraudolenti.
L’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 519/1995, ha determinato una vera e propria abolitio criminis in quanto è stata dichiarata incostituzionale la c.d. mendicità non invasiva, ovverosia quella che avviene in maniera composta e non invadente, ciò alla luce dei principi di solidarietà e di ragionevolezza che hanno imposto di ritenere non pericolosa una condotta di mera richiesta di aiuto.
Peraltro, parallelamente al profilo penale, si è sviluppata una serie di strumenti di natura amministrativa, in particolare le c.d. ordinanze contingibili e urgenti il cui potere è stato affidato, da ultimo con il c.d. decreto Minniti, convertito nella Legge n. 48/2017, ai Sindaci delle nostre città, a presidio del decoro e della vivibilità urbana.
Il recente intervento normativo che ha reintrodotto la nuova fattispecie di reato, si presenta del tutto peculiare, non solo perchè fa riemergere una vocazione punitiva dello Stato che si presenta, prima facie, sovrabbondante rispetto agli strumenti preventivi di natura amministrativa già esistenti (misure di prevenzione, ordinanze sindacali, daspo urbani ecc.).
Ciò che più sorprende è l’inasprimento della pena detentiva ma, soprattutto, l’introduzione di una pena pecuniaria di importi non proprio modesti, se si considera che il valore minimo (3.000 euro) è quattro volte il reddito di inclusione introdotto dal Governo Gentiloni, e che il valore massimo può arrivare fino a 6.000 euro, per persone che, verosimilmente, possono non avere un tetto sopra la testa.
Ma l’aspetto più interessante del decreto Salvini è un altro. È stato introdotto, infatti, il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l’illecito o che ne costituiscono il provento. Quindi è previsto l’obbligo di sequestrare – o forse, sarebbe più corretto dire, confiscare – il piattino, il cappello usato per chiedere l’elemosina, i pochi euro provento del reato, se non addirittura i vestiti logori indossati per destare l’altrui pietà.
Con tali paradossi normativi, su cui si attende un prevedibile intervento della Consulta, possiamo dunque ritenere che, d’ora in avanti, viste le nuove sanzioni penali introdotte, nessuna persona, neanche il più miserabile diseredato, tenderà più la mano per chiedere l’elemosina.