La Corte di Cassazione penale è recentemente ritornata su un argomento molto dibattuto. Nell’ipotesi di lesioni personali subite da un lavoratore, quando il comportamento dello stesso può esonerare la responsabilità penale del datore di lavoro?
Nel caso affrontato, due lavoratori avevano subito lesioni personali per effetto dello scivolamento di due grossi vetri lavorati, leggermente curvi, su un bancale non idoneo al deposito; la mancata valutazione del rischio specifico nel relativo documento, nonchè la mancata predisposizione di un bancale idoneo, avevano condotto alla formulazione del capo di imputazione nei confronti del datore di lavoro.
Nel corso del processo, questi si è difeso sostenendo che vi era stato un comportamento abnorme dei lavoratori, atteso che il primo, in qualità di rappresentante sindacale per la sicurezza, non avrebbe dovuto utilizzare quel bancale per stoccare ed imballare i vetri curvi, il secondo perchè si trovava in cassa integrazione e si era recato sul posto di lavoro per altre ragioni; aggiungeva, inoltre, il datore di lavoro, che i due lavoratori parlavano tra di loro e non avevano prestato la dovuta attenzione durante la fase di lavorazione dei vetri.
La corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato/datore di lavoro, confermando la ricostruzione in fatto della Corte di Appello in ordine alla mancata predisposizione di adeguate misure prevenzionistiche da parte del suddetto.
Con l’occasione, la Corte ha precisato che il comportamento anomalo o abnorme del lavoratore – tale da poter escludere una responsabilità datoriale – può rinvenirsi solo quando egli ponga in essere atti che si collocano al di fuori del processo produttivo o delle sue mansioni o che, pur rientrandovi, non rientrano comunque nelle direttive ricevute e siano in contrasto con le norme antinfortunistiche, sempre che, naturalmente, l’infortunio non risulti determinato dall’assenza o dall’inidoneità di misure di sicurezza.
Quindi, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, occorre che il lavoratore ponga in essere un comportamento radicalmente ed ontologicamente lontano dalle direttive ricevute o dalle norme antinfortunistiche, che valga a neutralizzare i presidi di sicurezza posti in essere dal datore.
Nel caso deciso dalla Corte di Appello tale ultima circostanza non è emersa, nè tantomeno è stata provata dall’imprenditore che, per questo, è stato riconosciuto responsabile con il conseguente rigetto del suo ricorso.