
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20835 dello scorso agosto, ha riconosciuto l’esistenza del danno da lesione del rapporto parentale in qualsiasi legame avente le caratteristiche di una relazione affettiva stabile, indipendentemente dal vincolo di consanguineità ed anche quando la lesione del predetto rapporto sia stata determinata da un evento diverso dalla morte.
La pronuncia trae origine da un’azione avanzata contro un’Azienda Ospedaliera da una donna al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dal figlio a seguito di un’errata esecuzione del DNA che aveva accertato la paternità di un uomo diverso dal vero padre.
In particolare, la ricorrente ha adito la Suprema Corte per contestare la sentenza della Corte d’appello di Milano che, pur riconoscendo il legame affettivo tra il bambino ed il presunto padre, aveva negato il diritto al risarcimento per il fatto che quest’ultimo, ancora vivente, non fosse legato al minore da un rapporto di sangue.
Gli “ermellini”, nel dirimere la controversia, hanno ripreso un principio più volte affermato secondo il quale: il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale (e non soltanto alla sua perdita) deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito, riferendosi alla presente fattispecie, nel rapporto padre figlio.