Con la recentissima ordinanza n. 6886/18 del 20 marzo u.s. la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su una tematica assai spinosa qual è il diritto all’assegno di mantenimento del coniuge separato, assumendo una posizione netta rispetto alle richieste economiche avanzate da una giovane donna disoccupata nei confronti del marito.
Già negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione “culturale” che ha portato a delle pronunce esemplari volte ad esaltare il principio di “autoresponsabilità” dei coniugi.
Ma con tale ultima pronuncia gli “ermellini” hanno inteso rivedere con maggiore severità i rapporti economici tra marito e moglie, in regime di separazione, affermando un principio inequivocabile secondo cui lo stato di disoccupazione del coniuge non giustifica l’attribuzione dell’assegno di mantenimento se non vi è prova di una condotta attiva per la ricerca di un’occupazione lavorativa.
Il divario tra le capacità economiche dei coniugi, pur riconosciuto in corso di causa, non è stato dunque un elemento sufficiente a riconoscere il diritto al mantenimento ed alla conservazione del tenore di vita matrimoniale. Ed infatti, nel caso di specie, la Corte ha posto sotto la propria lente d’ingrandimento altri elementi – quali la giovane età della donna, la mancanza di patologie invalidanti ed il tempo trascorso dalla data del deposito del ricorso per la separazione – caratterizzanti una condotta colpevole della richiedente e come tale non meritevole di tutela.